POCO MARGINE DI GUADAGNO SUI TITOLI SOSTENUTI DALLA BCE L’opinione di Fitzsimmons, global fixed income manager di T. Rowe Price
28/09/2016 L'Esperto dice...

Le attuali condizioni dei mercati del reddito fisso impongono agli investitori un ripensamento del proprio approccio nella ricerca delle opportunità. MondoAlternative ha avuto l’opportunità di parlarne con Quentin Fitzsimmons, global fixed income manager, T. Rowe Price Global Unconstrained Bond, T. Rowe Price, che prevede un solo rialzo dei tassi da parte della Fed nei prossimi 12 mesi ed evidenzia i motivi per cui un approccio unconstrained sia meglio posizionato per cogliere le tre caratteristiche dei bond più ricercate da parte degli investitori: generazione di reddito, gestione del rischio di ribassi e diversificazione rispetto all’azionario.

Quali sono, oggi, le principali sfide nell’investire nel reddito fisso?

Nell’investire nel reddito fisso, è importante soffermarsi a pensare sul perché lo si fa e sul ruolo del fixed income all’interno del proprio portafoglio. Affinché vengano conseguiti gli obiettivi di generazione del reddito, protezione dal rischio e diversificazione dall’azionario, propri dell’investimento obbligazionario, bisogna approcciare i mercati obbligazionari a mente aperta. Le Banche Centrali sono più inclini a fare esperimenti con i tassi negativi e il centro di gravità si è spostato su livelli che non credevamo possibili fino a pochi anni fa. Ciò significa che possiamo riporre meno fiducia sui metodi di valutazione convenzionali per trovare opportunità nel reddito fisso. Se la Banca Centrale Europea compete con noi nel comprare specifici bond corporate europei sul mercato, allora gli indicatori analitici sugli spread sul credito non reggono più. Dovremmo aspettarci maggiore volatilità, con i prezzi guidati artificiosamente da una domanda eccessiva e la probabilità di una correzione brusca in un mercato meno liquido. Questo contesto necessita di una continua ricerca e di un’alta convinzione.

Quali potranno essere le prossime mosse della Banca Centrale Europea? C’è la possibilità che Draghi confermi la fine del programma di acquisto di titoli prevista per febbraio del 2017?

Il programma di acquisto di bond corporate della Bce ha comportato un sostanziale restringimento degli spread corporate. Ha anche creato un mercato disfunzionale con distorsioni notevoli in termini di valore relativo tra i titoli ammessi e quelli non ammessi. Attualmente, crediamo che lo spazio per un’ulteriore sovraperformance dei bond idonei all’acquisto della Bce sia limitato. L’impatto del piano dell’Eurotower, andando avanti, si concentrerà sul dare sostegno alle obbligazioni ammesse in un contesto di allargamento degli spread, proprio grazie alla presenza di un acquirente, la Bce, che si disinteressa alle oscillazioni di prezzo, che fornirà un limite all’allargamento degli spread. Crediamo ancora che ci sia valore nei Titoli di Stato dei Paesi periferici. É stato interessante l’effetto a catena sul debito sovrano dei Paesi dell’Europa dell’Est, dove è aumentata la domanda da parte degli investitori europei insoddisfatti dai redditi generati dai bond dell’Eurozona. Abbiamo investito in Titoli di Stato rumeni e polacchi, dove vediamo premi al rischio migliori e fondamentali più attraenti.

I rendimenti offerti dai titoli obbligazionari dei Paesi emergenti sembrano interessanti se confrontati con quelli dei Paesi sviluppati, e stanno attirando gli investitori. Dove vedete le migliori opportunità nei Paesi emergenti?

Non abbiamo alcuna preferenza in termini di allocazione regionale, molto dipende da dove i nostri analisti vedono valore. Al momento, troviamo opportunità in Paesi come Svezia e Israele, dove riteniamo che le obbligazioni continuino a essere supportate dalle posizioni accomodanti delle Banche Centrali. Allo stesso modo, sui mercati emergenti abbiamo una forte allocazione sui bond locali della Malesia, dove l’Istituto centrale ha avviato un nuovo ciclo di allentamento. In Europa, preferiamo i mercati periferici e abbiamo incrementato le posizioni su alcuni selezionati Paesi orientali, come la Romania, dove i fondamentali sono in rapido miglioramento. Tuttavia, molte di queste posizioni sono coperte contro il rischio valutario: restiamo prudenti su quale possa essere il futuro per le valute dei mercati emergenti.

Quali sono invece i rischi?

Al momento la caratteristica per cui si vende (o si compra) un’obbligazione non è più la performance potenziale, quanto piuttosto le sue proprietà difensive. Gli investitori devono trovare uno strumento, all’interno della loro asset allocation, che possa ancorare la performance e stabilizzare i ritorni nelle fasi di elevata volatilità. Potremmo non apprezzare a una prima occhiata i rendimenti offerti dai Bund tedeschi o dai Treasury americani, ma alla fine spesso essi agiscono come beni rifugio e tendono a offrire performance nei momenti di tensione sui mercati. Per esempio, così è stato a gennaio, o nell’ultima settimana di giugno. Nel breve termine, i dati continuano a predire un miglioramento delle condizioni economiche, che potrebbe mettere pressione sui mercati dei Titoli di Stato. Resta da vedere se questo possa essere l’avvio di un trend o, più probabilmente, un piccolo rialzo in una traiettoria di crescita altrimenti debole. In fin dei conti, l’elemento che più ci preoccupa è l’aumento della correlazione tra Treasury e azionario, un trend che ha dominato i mercati a settembre.

Riguardo ai Treasury americani, in che modo vi siete posizionati sulla curva dei tassi?

Di recente, abbiamo ridotto la nostra allocazione ai Treasury americani, vendendo la parte lunga della curva nelle nostre strategie Global Unconstrained Bond. Riteniamo che non ci sia molto spazio affinché i Titoli di Stato di alta qualità, siano essi i Bund decennali che scambiano a -6 punti base o i Treasury decennali all’1,58% (come lo scorso agosto), possano registrare un ulteriore rally nel breve termine, persino in un contesto di avversione al rischio. Questa mossa ci ha lasciato con una duration breve nella parte corta della curva, che è abbastanza costosa a nostro avviso e sconta un solo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve nei prossimi 12 mesi.

Qual è la vostra posizione in merito agli investimenti fixed income unconstrained, e quale ruolo potranno giocare nel futuro degli investimenti obbligazionari?

L’approccio tradizionale agli investimenti nel reddito fisso, basato su un benchmark ed esemplificato dagli indici aggregati globali, ha avuto molto successo nel cogliere le tre principali qualità dei bond ricercate dagli investitori: generazione di reddito, gestione del rischio di ribassi e diversificazione rispetto all’azionario. Tuttavia, negli ultimi anni, cedole e rendimenti sono scesi su livelli molto bassi e la correlazione tra titoli azionari e obbligazionari è aumentata. Di conseguenza, in futuro è meno probabile che l’investimento in bond basato sul benchmark ottenga gli stessi risultati su questi tre fronti. Ciò non significa che abbiamo rinunciato a ricercare queste qualità nei nostri portafogli obbligazionari. Ottenerle, però, richiede ora un approccio d’investimento differente nei confronti degli investimenti in bond. Si deve prendere in considerazione tutto lo spettro dell’universo obbligazionario, inclusi i Titoli di Stato e il credito da una prospettiva di bottom up. Oggi quello che conta è focalizzarsi sul comportamento del portafoglio in diverse condizioni di mercato. Una delle modalità per farlo è quella di separare il rischio in tre componenti core: posizioni a caccia di rendimento, posizioni core stabili e posizioni difensive. Un portafoglio gestito con un buon equilibrio tra questi tre elementi può fornire una generazione di reddito prevedibile, gestione del rischio di ribassi e diversificazione rispetto ai titoli azionari.

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